Quando i soldi votano più di noi: la sentenza che ha riscritto la politica americana

Quando i soldi votano più di noi: la sentenza che ha riscritto la politica americana


In questo articolo parlerò della sentenza Citizens United del 2010, i super PAC, le campagne elettorali da miliardi di dollari, e un'intera classe politica diventata dipendente da chi può finanziare spot, influencer e algoritmi. Ora, nel 2024, Donald Trump è tornato alla Casa Bianca; e in parte lo dobbiamo proprio a quella sentenza.


Per capire come ci siamo arrivati, bisogna tornare all’inizio. E guardare in faccia una verità scomoda: da quindici anni, negli Stati Uniti, chi ha più soldi ha anche più democrazia.

Cosa dice davvero la sentenza

Nel 2008, un gruppo conservatore chiamato Citizens United voleva mandare in onda un documentario molto critico su Hillary Clinton, proprio a ridosso delle elezioni. Ma la legge vietava l’uso di fondi aziendali per finanziare propaganda elettorale in quel periodo. La FEC (Federal Election Commission) bloccò il documentario.

Il gruppo fece causa, e il caso arrivò fino alla Corte Suprema. Risultato? Nel gennaio 2010, con 5 voti contro 4, la Corte stabilì che le aziende, i sindacati e le organizzazioni private potevano spendere quanto volevano per sostenere o attaccare un candidato, purché lo facessero “in modo indipendente” dalle campagne ufficiali.

Tradotto: non puoi dare soldi direttamente al candidato, ma puoi spendere milioni per fargli pubblicità.


Chi l’ha voluta, e perché

I giudici conservatori della Corte hanno sostenuto che limitare la spesa politica significava limitare la libertà di espressione.
Dall’altra parte, i giudici progressisti e lo stesso presidente Obama hanno avvertito che questa decisione avrebbe squilibrato la democrazia: più soldi = più voce. E quindi, più potere.



Ma i sostenitori della sentenza sapevano benissimo cosa stavano sbloccando. I grandi donatori, i miliardari, le aziende private hanno finalmente avuto il via libera per entrare nella politica americana non più solo come lobby, ma come registi dietro le quinte.

Conseguenza ? I super PAC

La sentenza ha portato la nascita di super PAC, comitati indipendenti che possono raccogliere e spendere soldi senza limiti. I candidati ufficialmente non li controllano, ma spesso ne beneficiano direttamente: eventi, pubblicità, social, fake news, persino campagne porta a porta.


Nel 2020, le elezioni hanno superato i 14 miliardi di dollari. Nel 2024, si è andati oltre i 17 miliardi.
La democrazia, a quanto pare, è diventata l’investimento più redditizio per chi ha interessi da difendere.

2024: Trump torna grazie ai soldi di pochi

Ed eccoci al presente. La rielezione di Donald Trump nel 2024 è stata alimentata da una quantità di denaro senza precedenti. E no, non proveniva da milioni di piccoli sostenitori: veniva da una manciata di miliardari.


Elon Musk ha versato almeno 275 milioni di dollari tramite il super PAC "America PAC", sostenendo la campagna di Trump con spot virali, influencer, social ads e operazioni porta a porta.

Timothy Mellon, altro mega-donatore repubblicano, ha speso oltre 50 milioni.


Altri nomi — Linda McMahon, Ike Perlmutter, Phil Ruffin — hanno fatto lo stesso, coprendo ogni spazio mediatico e propagandistico disponibile.


Questi nomi non erano semplici fan: sono stati gli sponsor di un candidato. E gli architetti della sua vittoria.

Ma questa è ancora democrazia?

Proviamo a dare una risposta… 

Se un cittadino medio può donare 50 dollari, ma un miliardario può investirne 300 milioni, siamo ancora sulla stessa linea di partenza?
E se i candidati sanno che per vincere devono compiacere pochi grandi donatori, di chi ascolteranno davvero le esigenze?

La sentenza Citizens United ha costruito un sistema in cui non serve più convincere milioni di elettori: basta convincere una dozzina di uomini molto ricchi.

Conclusione: il prezzo della democrazia

La rielezione di Trump nel 2024 non è solo il frutto di una campagna vincente. È il prodotto di un sistema legale che consente ai più ricchi di comprare potere politico, legalmente.
Un sistema nato nel 2010, in una corte di giustizia, che ha scritto una nuova regola non dichiarata della democrazia americana:

“Conta chi vota, ma conta ancora di più chi paga.”



E noi, spettatori e cittadini, abbiamo il diritto e il dovere di chiederci: vogliamo davvero continuare a chiamarla democrazia, questa?

                                  A cura di Davide Pompilio 


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