Riarmo in Europa: Necessità o salto nel vuoto?
Se vis pacem, para bellum
In questo momento instabile e ricco di tensioni, la questione del riarmo è tornata al centro dell'agenda Europea. Non si tratta solo di un aumento della spesa militare, ma di un cambiamento che andrà a definire il futuro europeo e della politica internazionale dell’UE intera. Tra una guerra in Ucraina i cui colloqui di pace non sembrano avere frutti, una questione mediorientale sempre più complessa, e una politica europea sempre più polarizzata, il riarmo é tornato ad essere un argomento di di dibattito e scontro.
Comunque si voglia leggere questo intricato scenario, il ritorno del “riarmo” nel dibattito pubblico è sintomo della sempre più diffusa percezione di impreparazione e della sofferta necessità di reagire da parte dei Paesi europei. Ma in cosa consiste il riarmo? Come avverrà? E qual è la posizione dell’Italia e dell’UE in merito? L’Atlante oggi cerca di chiarire questo tema complesso ma fondamentale, una sfida che determinerà il futuro di tutti noi.
In cosa consiste il Riarmo?
Alla fine del 2023, la spesa dell’Unione Europea e del Regno Unito per la difesa ammontava a 300 miliardi di euro, mostrando un incremento del 20% rispetto al 2021, complice lo scoppio della guerra in Ucraina. I principali Paesi europei per spesa militare sono: Regno Unito (70 miliardi), Francia (69 miliardi), Germania (56 miliardi), Italia (32 miliardi) e Polonia (30 miliardi), la quale, per timore dell’aggressione russa al vicino ucraino, destina il 4% del suo PIL alla difesa.
Alla luce delle recenti tensioni, il progetto Rearm Europe prevedrebbe un ulteriore incremento della spesa per la difesa e del sostegno alle industrie belliche, consentendo agli Stati membri di aumentare i propri bilanci in materia, sbloccando potenzialmente 650 miliardi di euro in quattro anni e offrendo inoltre 150 miliardi di euro in prestiti per progetti di difesa congiunti.
Recentemente, al vertice NATO, tutti i membri del Patto Atlantico si sono impegnati a destinare il 5% del PIL di ogni nazione alla difesa entro il 2035, nello specifico: il 3,5% alla difesa tradizionale e l’1,5% alle tecnologie civili e militari. Per la sola Italia, ciò significherebbe sostenere una spesa di 145 miliardi di euro, 100 in più degli attuali 45 (pari al 2% del PIL).
L'Europa nel passato: la difesa di un continente
Se si guarda alla storia, il riarmo non è affatto una novità. Durante la Guerra Fredda, l’Europa era uno dei principali teatri dello scontro – mai fortunatamente sfociato in guerra – tra i due blocchi ideologici contrapposti. Con il crollo dell’Unione Sovietica, venuta meno la paura di una guerra nucleare e senza più un nemico da intimorire, il concetto chiave della politica estera statunitense e dei suoi alleati durante la seconda metà del secolo scorso, la deterrenza, ha lasciato spazio alla fiducia nel futuro e nel ruolo degli USA come “poliziotto mondiale”.
Come le tensioni e i conflitti attuali ci dimostrano, quella fiducia era mal riposta. Ora che nel mondo tornano a crearsi blocchi di alleanze sempre più ostili tra loro, ora che il mondo assume un volto sempre più multipolare, ora che il mito dell’egemonia culturale e politica americana sembra frantumarsi e allontanarsi, ci accorgiamo che la Storia non è affatto finita (come aveva dichiarato qualche filosofo…).
L’illusione della pace? Il risveglio militare dell’Europa
L’UE, sempre più desiderosa di ritagliarsi un proprio posto al tavolo delle potenze che contano nel panorama internazionale che va delineandosi, vede nel riarmo una necessità: una garanzia di protezione e uno strumento per far sentire la propria voce. La guerra in Ucraina, la guerra dei 12 giorni, il conflitto in Palestina hanno avuto come costante l’incapacità europea di fornire una risposta comune ed efficace. A dimostrazione di ciò, l’UE è sempre stata esclusa dai colloqui di pace.
Per i favorevoli al Rearm Europe, il riarmo affrancherebbe l’Unione dall’ingombrante presenza dell’America di Trump, conferendo prestigio e capacità diplomatica a un’Unione Europea finalmente in grado di sedersi al tavolo delle trattative. Ma può davvero la pace mondiale fondarsi su un equilibrio imposto con i pulsanti rossi? Possiamo veramente supportare la deterrenza armata, che ha quasi consegnato il mondo alla catastrofe? Se le armi si producono, non verranno utilizzate? Possono negoziati e dialoghi avvenire in un mondo in cui le testate nucleari e le bombe spuntano con sempre maggiore frequenza?
Le critiche al riarmo non mancano. Rearm Europe, infatti, non risponde a un tema importante e centrale: quello dell’organizzazione. Attualmente, le spese di difesa complessive di UE, Gran Bretagna e Russia sono comparabili, ma con un sostanziale vantaggio organizzativo per quest’ultima. La mancanza di un comando unico da parte delle nazioni europee, di piani comuni e condivisi e di una “Difesa comune” – proposta come alternativa al costoso e preoccupante riarmo – solleva non poche polemiche.
Attualmente, non è la quantità di armamenti a mancare, quanto la cooperazione. I diversi approcci alla difesa tra gli Stati membri (come le posizioni pacifiste di alcuni Paesi come Austria o Irlanda) possono ostacolare un’efficace integrazione militare. Senza una politica estera e di difesa realmente unificata, il riarmo rischia di risultare inefficace o disorganizzato. Anzi, potrebbe spianare la strada ai movimenti euroscettici e isolazionisti, che appaiono sempre più forti in Europa. Va inoltre considerata la grande percentuale della popolazione europea pacifista, che si oppone al riarmo.
Nessuno può avere certezze sul futuro – ancor meno quando si tratta di politica internazionale – ma è chiaro che il mondo assume un volto sempre più multipolare, e che l’UE debba trovare il proprio posto in questa realtà. Guardando al passato, gli echi delle tensioni della Guerra Fredda si fanno sempre più minacciosi. E se è vero che la Storia non si ripete, forse siamo noi uomini a dimenticarla…
A cura di Lorenzo De Frenzi
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